Ecco a voi NUVOLA LIGHT, una curiosa lampada di realizzazione assolutamente artigianale dall’ingegno della designer milanese Malika Novi.
La tecnologia luminosa è quella a LED, in cui le stringhe di luci vengono applicate su un’imbottitura morbida che dona a questa lampada l’effettiva consistenza “soffice” di una nuvola, mentre per il rivestimento esterno sono state utilizzate scaglie adesive in plexiglass che seguono il pattern a mosaico che contraddistingue la lampada.
Di seguito potrete scoprire i passaggi per realizzare questa semplice quanto sorprendente creazione attraverso una serie di immagini!
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E’ stato inaugurato nel 2007 ed è il primo museo del design italiano, nato nella sede della Triennale di Milano, da cui prende il nome. Si caratterizza per l’assenza di un ordinamento cronologico o per autore, tanto da mancare di una sezione antologica: per questo, ogni anno Triennale Design Museum si rinnova, si trasforma, modificando le tematiche trattate e gli allestimenti per offrire al visitatore la possibilità di scoprire le eccellenze del design italiano attraverso punti di vista inediti.
Quest’anno, giunto all’VIII edizione nel suo percorso di rinnovamento, la Triennale Design Museum non poteva esimersi dall’allestire una mostra connessa alla coeva Esposizione Universale di Milano.
“Cucine & Ultracorpi” è la mostra, a cura di Germano Celant, e ispirata al libro di fantascienza “L’invasione degli Ultracorpi”, scritto da Jack Finney nel 1955 e all’omonimo film girato da Don Siegel, il cui intento è tracciare l’evoluzione in Italia dei “cospiratori”, cucine ed elettrodomestici, a partire dalle prime fonti documentabili fino al 2015, compresa un’escursione sugli episodi della progettazione che hanno investito l’industria internazionale.
L’allestimento espositivo – inaugurato il 9 aprile 2015 e visibile fino al 21 febbraio 2016- racconta la lenta quanto inesorabile trasformazione degli utensili da cucina in macchine e automi, un vero e proprio “universo di ultracorpi”: dal frigorifero al microonde, dalla caffettiera al tostapane, dal trita rifiuti alle cappe assorbenti, dai bollitori ai mixer, dalle friggitrici alle gelatiere, un tracciato che ricalca la storia del proto-design e, a seguire, del design degli utensili da cucina, dalla prima industrializzazione alla diffusione di massa, dall’automazione all’innovazione digitale.
Un interessante percorso per ripercorrere come la società di metà ‘900 sia stata letteralmente travolta da una repentina transizione dal manuale al tecnologico; per approfondire questo aspetto, la mostra è affiancata da artefatti complementari come pubblicità e manuali, film e documentari, libri e giochi.
Un universo magico e sorprendente messo in scena dallo Studio Italo Rota, per rievocare questo paesaggio meccanizzato – al contempo alieno e ambiguo, utilitario ed ergonomico – che attinge agli ambiti e ai linguaggi più disparati, mostrando risvolti comici e tragicomici, ironici e inquietanti della relazione “essere umano-macchina”: una cucina fantascientifica, i cui esiti erano stati forse predetti da una certa letteratura futuribile ma le cui reali evoluzioni, sono ancora, per fortuna, nelle abili mani di nuove, brillanti generazioni di creativi.
Se per noi è solo il marchio che ha inventato il famigerato “folletto”, per molti, nel resto del mondo, Vorwerk (l’azienda tedesca nata oltre settant’anni fa come produttrice di moquettes), è capace oggi di presentare complementi d’arredo di design di estrema ricercatezza, come nel caso della collezione “Elementary Shapes”. Si tratta di un assortimento di tappeti concepiti come “isole” di colore destinate a delimitare “aree di accoglienza”, ideali per il contesto domestico quanto per quelli di rappresentanza e l’ufficio.
Il creatore è Werner Aisslinger, industrial designer berlinese di fama internazionale, la cui ispirazione è tratta dall’idea che “le forme elementari rientrano nella nostra percezione quotidiana della spazialità architettonica” come già è accaduto nella recente storia del design con l’era del Gruppo Memphis, il collettivo fondato da Ettore Sottsass all’inizio degli anni ’80 a Milano, la cui base estetica si fondava sul mix di colori accesi, forme geometriche e un recupero sapiente del kitsch.
In particolare, i modelli “Mito” e “Leaf”, sono quelli che meglio riassumono la versatilità e la capacità di dare tono e calore anche ad ambientazioni sobrie; si tratta di tappeti che ricalcano forme esistenti in natura ma come il risultato di un interessante “assemblaggio” di figure geometriche, la cui giustapposizione non è dissimulata ma anzi enfatizzata dall’utilizzo di bande in feltro o in materiale luminescente che porzionano il modello in un numero variabile (e personalizzabile) di forme geometriche di base. Il risultato è una stupefacente combinazione di uso intelligente della spazialità ed una interessante accostamento di colori in grado di imprimere all’uso del tappeto, un nuovo significato.
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